La sterilizzazione rappresenta il cuore dell’area clinica dello studio dentistico.
Se la reception e la sala d’attesa sono il “biglietto da visita” che il dentista offre al paziente quando entra nello studio, possiamo affermare che la sterilizzazione è l’anima di tutta la zona operativa.
Quando questo ambiente risulta ben gestito a livello distributivo e visibile ai pazienti attraverso vetrate (foto 1), aumenta negli stessi il senso di fiducia verso lo studio poiché comunica un alto grado di igiene, ordine e pulizia.
Le criticità che più di frequente si riscontrano nelle sterilizzazioni sono:
la collocazione spesso defilata e nascosta;
il dimensionamento molte volte sottostimato;
il layout distributivo non ergonomico;
l’illuminazione insufficiente.
Una sterilizzazione mal posizionata, dimensionata e organizzata, con una scarsa illuminazione risulta inadeguata anche dal punto di vista del comfort degli operatori.
Proprio perché “cuore” dell’area clinica, è importante riuscire a collocare la sterilizzazione in maniera baricentrica rispetto alle sale operative sia per ridurre i percorsi delle assistenti e per abbreviare il trasporto del materiale da sterilizzare sia per limitare quanto più possibile il contatto tra i pazienti e il personale sanitario che trasporta la strumentazione contaminata.
Oltre alla posizione, risulta fondamentale la dimensione. Spesso è troppo piccola e satura di arredi e attrezzature perché:
lo studio dentistico, nel tempo, può aver incrementato il numero di poltrone senza intervenire sulla sterilizzazione in termini di ampliamento di superficie ma saturando lo spazio esistente con le strumentazioni aggiuntive necessarie;
le attrezzature oggi disponibili sul mercato sono aumentate con il passare degli anni e anche l’inserimento, nel tempo, di nuove apparecchiature può contribuire a rendere questo ambiente sempre più “saturo”;
è stata mal dimensionata già in fase di progettazione; infatti, soprattutto in quegli studi dove gli spazi consentono anche la predisposizione di future poltrone, è indispensabile che la sterilizzazione venga pensata per il numero massimo di riuniti che andrà a servire.
Pertanto, un errato dimensionamento rende la sterilizzazione uno spazio caotico e disordinato che il dentista tende a nascondere alla vista del paziente.
Altro elemento fondamentale, che influisce sul comfort lavorativo degli operatori, è il layout organizzativo e distributivo. Lo spazio riservato e la distribuzione ergonomica degli arredi devono permettere di ottimizzare il flusso di lavoro evitando qualsiasi commistione tra materiali contaminati o non ancora sterilizzati e materiali sterili.
Infine, l’illuminazione, troppo spesso insufficiente, può influire sul comfort visivo degli operatori.
Dal punto di vista progettuale occorre premettere che:
la distribuzione della linea di sterilizzazione dipende dalla forma dello spazio che si ha a disposizione, soprattutto quando si procede con interventi di restyling che non prevedono la modifica delle tramezzature interne;
non esiste una corrispondenza tra numero di poltrone e metri quadri di sterilizzazione;
indipendentemente dal numero delle poltrone la linea di sterilizzazione deve comunque prevedere:
il deposito dei rifiuti;
la decontaminazione e la detersione;
la disinfezione;
l’imbustamento e la termosigillatura;
la sterilizzazione;
lo stoccaggio.
Di queste 6 fasi soltanto quella finale, di stoccaggio, può essere prevista anche all’esterno della sterilizzazione se il locale non ha spazi sufficienti.
Ciò premesso, possiamo affermare che il miglior schema distributivo per la sterilizzazione è quello che prevede 2 linee contrapposte (foto 2), poiché consente una netta separazione tra “lo sporco” ed “il pulito”. La raccomandazione è quella che fra le 2 linee vi sia uno spazio libero, in larghezza, di almeno 1 metro.
Questa soluzione ci permette di sfruttare tutta la lunghezza disponibile senza la creazione di angoli a 90° che rappresentano, sia a livello di basi che di pensili, spazio perso.
Questo disegno, generalmente, è quello preferito anche dalle asl e dagli uffici preposti al rilascio delle autorizzazioni amministrative.
Un secondo schema distributivo è quello dello sviluppo di una linea a “L” (foto 3) dove alla zona dello “sporco” (foto 4) segue la zona del “pulito” (foto 5); in questo secondo caso assume importanza fondamentale la lunghezza di ciascuno dei 2 lati e la linea di sterilizzazione si può strutturare solo dopo aver valutato anche la collocazione della porta di accesso a tale spazio.
foto 4: fase sporco
Il terzo schema distributivo che è possibile progettare è quello con sviluppo a “C” della sterilizzazione stessa. Questo layout lo si utilizza in caso di sterilizzazione di grandi dimensioni dove:
la perdita di spazio nelle basi e nei pensili, in corrispondenza dei 2 angoli a 90°, non risulta rilevante ai fini degli spazi di stoccaggio comunque soddisfacenti;
vi è la necessaria profondità dell’ambiente in maniera tale da consentire a più operatori sia l’accesso che la possibilità di lavorare senza disturbarsi l’un l’altro.
Quando possibile, è consigliabile l’inserimento di un ingresso separato rispetto all’uscita così che l’operatore, al termine del ciclo di lavoro, possa uscire senza dover tornare indietro. Inoltre, tale apertura, utilizzata per l’uscita, permette anche l’accesso diretto all’area di stoccaggio dei materiali sterili e, eventualmente, al frigorifero senza passare attraverso l’area dove si trovano i materiali da sterilizzare.
L’ultimo schema distributivo, preferito invece nelle sterilizzazioni di piccole dimensioni, che in taluni casi possono trovarsi anche all’interno della sala operativa, è quello di un’unica linea a tutta lunghezza dove fase sporco e fase pulito si susseguono sullo stesso lato; in questo caso, risulta ottimale anche l’utilizzazione di codifiche colorate che vadano ad evidenziare le fasi di sterilizzazione (rosso per deposito rifiuti, decontaminazione e disinfezione, arancione per imbustamento e termosigillatura, verde per sterilizzazione e stoccaggio).
- L’architetto Francesca Mosti è socia dello Studio Modulo Multiplo (con sedi a Pisa e a Carrara) ed è partner del Network ArchMedO (Architettura Medica Odontoiatrica).Si è laureata nel 2003 presso il Politecnico di Milano e si occupa di progettazione architettonica ed interior design. - L’architetto Mario Redaelli è titolare dello Studio R2+ (con sedi a Lecco e a Pamplona) ed è il fondatore e coordinatore del Network ArchMedO (Architettura Medica Odontoiatrica). Si è laureato nel 2002 presso il Politecnico di Milano, si occupa di progettazione architettonica ed interior design e dal 2010 è docente presso l’Istituto Europeo di Design (IED) di Milano.