Restauro diretto di II classe in composito

Restauro diretto di II classe in composito

I costanti sforzi delle aziende nella ricerca merceologica consentono l’immissione sul mercato di materiali compositi con proprietà sempre più performanti.


Resistenza all’usura e alle sollecitazioni meccaniche dei carichi masticatori, ridotta contrazione da polimerizzazione, ottima lucidabilità e resa estetica nel tempo, sono solo alcune delle caratteristiche dei compositi nano-ibridi di ultima generazione.
Ecco perché il clinico ha la possibilità di ricorrere sempre più spesso a tecniche dirette per ricostruire elementi dentari gravemente compromessi, dove la perdita di strutture importanti quali cuspidi e creste marginali farebbe virare la scelta terapeutica verso tecniche di tipo indiretto.
In questo case report viene presentata la riabilitazione di un 1.6 vitale mediante un esteso restauro diretto in composito.

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Il dente presenta una vecchia otturazione infiltrata e una carie che si estende per tutta la metà occluso-distale.

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Una volta rimosso il vecchio restauro e valutata la reale estensione della lesione cariosa attraverso l’ausilio del caries detector, viene eliminato tutto il tessuto rammollito alternando l’uso di frese diamantate a frese multilama sia in ceramica che al carburo di tungsteno.

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Alla fine della fase di detersione, residua una cavità di medie dimensioni, con pareti vestibolare, interprossimale distale e palatale che presentano crack line sia a livello di smalto che di dentina, evidenti segnali di sofferenza dovute alle sollecitazioni dei carichi masticatori.
Inoltre lo spessore di queste pareti, in alcuni punti, è inferiore ad 1,5 mm, valore limite sotto il quale è consigliabile proteggere il tessuto residuo abbattendolo di 2 mm e reintegrandolo con il materiale da restauro.
In questo caso specifico, ho deciso di estendermi apicalmente ai 2 mm, arrivando fino alla rima di frattura e farmi guidare dall’andamento di quest’ultima per definire il fine-preparazione della cavità.
Fatto ciò, mi trovo davanti ad un bivio: ricorrere ad un restauro diretto oppure optare per una soluzione indiretta tipo onlay.

Sicuramente la scelta di quest’ultimo sarebbe più predicibile in termini di:

  • ripristino dell’anatomia occlusale ideale, del corretto profilo di emergenza e della superficie di contatto;
  • riduzione dello stress da contrazione da polimerizzazione per le pareti residue;
  • garanzia di rifinitura e lucidatura ideali su tutte le superfici del restauro;
  • ideali punti di contatto con l’antagonista.

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Se invece si opta per una soluzione di tipo diretto, l’abilità dell’operatore fa sicuramente la differenza nell’ottenere tutti i punti sopra menzionati.
Per garantire un corretto ripristino delle pareti abbattute ed essere aiutati in fase di stratificazione del composito, si utilizza la tecnica della “mascherinamatrice”: si registra l’informazione di forma ed altezza delle pareti subito prima di abbatterle, tramite l’ausilio di un silicone che viene lasciato indurire a contatto con esse. Il silicone, replicando la forma originaria delle pareti, verrà poi utilizzato come matrice su cui stratificare il composito e con cui portarlo in cavità.


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La cavità viene trattata con un sistema adesivo di tipo self-etching, mordenzando preventivamente in maniera selettiva lo smalto con acido ortofosforico.

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Vengono quindi in primis ricostruite le pareti vestibolare e palatale con un composito smalto (CompoSIte E- Enamel) usando la tecnica della mascherina matrice.

Le sottili pareti di composito appena rialzate vengono rinforzate internamente con del composito flow (CompoSIte flow MPMultiplo).
Viene poi ricostruita la parete interprossimale per ricreare la superficie di contatto usando una matrice sezionale su cui viene stratificata la stessa massa composito usata per le pareti vestibolare e palatale (CompoSIte E).

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La cavità di II classe diviene quindi una cavità di I classe, che viene otturata secondo la seguente tecnica: composito flow (CompoSIte flow MP) sul fondo a sigillare la dentina, una massa composito bulk opaca che anticipa l’anatomia (CompoSIte P-Posterior) e una massa smalto (CompoSIte E) più superficiale che definisce il dettaglio anatomico del tavolato occlusale.

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Il restauro viene infine rifinito con l’ausilio di dischetti a granulometria differente, frese diamantate e multilama, striscette abrasive e frese di Arkansas e poi lucidato con spazzolini brillantanti e paste diamantate. La conoscenza delle masse composito di ultima generazione è fondamentale per guidare il clinico nella scelta terapeutica di ogni singolo restauro: il composito bulk della linea CompoSIte, pensato per i settori posteriori, unisce all’elevato quantitativo di riempitivo inorganico (80%) una ottima capacità di diffusione della luce e ciò si traduce in un mimetismo ideale con i tessuti dentari.
Il grado di viscosità permette inoltre al clinico di lavorare il composito senza che si appiccichi alla spatolina, mantenendo bene la forma in fase di modellazione.

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Laureato con lode in Odontoiatria e Protesi Dentaria presso l’Università degli Studi di Palermo, il Dott. Enrico Tornabene ha frequentato numerosi corsi teorico-pratici in Italia e all’Estero, concentrando la sua formazione su temi riguardanti l’odontoiatria estetica, le tecniche adesive, la fotografia odontoiatrica e la microscopia. Ha frequentando il Master Annuale di Protesi Fissa a Melegnano (MI) e conseguendo il premio 3H come “Miglior caso clinico”. Ha conseguito il Diploma in Micro-Endodonzia presso la Clinica Odontologica de la Universitat de Valencia (Valencia, Spagna). Ha intrapreso un percorso di formazione negli USA presso il College of Dentistry della New York University conseguendo il Post-graduate in “Implantology and Oral Rehabilitation”. Autore di articoli su riviste internazionali e relatore a numerose conferenze, svolge la sua attività a Palermo, con particolare interesse alla conservativa, alla protesi, all’implantoprotesi, all’odontoiatria estetica e all’endodonzia.
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