Risoluzione di discromie di elementi non vitali

Risoluzione di discromie di elementi non vitali

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Quando proponiamo ai pazienti delle terapie endodontiche negli elementi anteriori, ci viene spesso chiesto se poi “il dente devitalizzato diventerà più scuro”.
Questo timore, nei confronti delle possibili discromie, è molto diffuso non solo tra i pazienti ma anche tra molti clinici, poiché queste discolorazioni si verificavano in passato con elevata frequenza, soprattutto se nella camera pulpare venivano lasciati cementi endodontici o residui di polpa. Potremmo parlare infatti di discromie endodontiche di tipo iatrogeno.
Le tecniche della moderna endodonzia permettono di ridurre al minimo i casi in cui questo fenomeno si verifica.
Tuttavia, anche quando la discromia compare, è possibile risolverla in modo poco invasivo e molto predicibile mediante lo sbiancamento professionale.
In questi casi lo sbiancamento presenta notevoli vantaggi rispetto alle tecniche protesiche convenzionali poiché evita il sacrificio di tessuto dentale sano, offre un’ottima resa estetica ed è più economico per il paziente.
Inoltre, il rischio di recidiva anche a lungo termine è del tutto minimizzato al giorno d’oggi grazie a tecniche predicibili e ripetibili ed a materiali performanti.
In un elemento dentario trattato endodonticamente le possibili cause di discromia possono essere:

  • emorragia pulpare (iatrogena o post-traumatica);
  • decomposizione del tessuto pulpare;
  • medicamenti endodontici;
  • cementi endodontici;
  • guttaperca;
  • materiali da otturazione endocanalare.


Cause


Un’esposizione della polpa dentaria, a cui fa seguito un sanguinamento, oppure un trauma violento che determina un sanguinamento pulpare interno, sono alcune delle possibili cause che portano alla discolorazione dei denti non vitali.
I vasi sanguigni capillari, presenti nella polpa del dente, infatti si rompono ed i globuli rossi invadono i tubuli dentinali.
Inizialmente si può osservare la corona dentaria cambiare colore tendendo verso il rosa. Successivamente gli eritrociti vanno incontro ad emolisi, liberando perciò emoglobina, la quale notoriamente contiene molecole di ferro.
Il ferro combinandosi con il solfuro di idrogeno derivante dai batteri, diventa solfuro di ferro e conferisce al dente un colore scuro: questa discromia è destinata a peggiorare quando la polpa andrà incontro a necrosi.
Nei rari casi in cui, nonostante il forte trauma e la successiva discromia, la polpa mantenga la sua vitalità, la corona dentaria può ritornare spontaneamente al suo colore naturale.
L’emorragia pulpare può anche avere un’eziologia iatrogena. Un uso scorretto del tiranervi durante l’estirpazione della polpa radicolare, che ne causa la lacerazione invece della rimozione in toto, può innescare un’emorragia.
Anche un’errata valutazione della lunghezza di lavoro dei nostri strumenti endodontici può essere motivo di emorragie all’interno del dente: le emorragie iatrogene sono facilmente controllabili con un corretto uso degli irriganti canalari e del misuratore apicale.
La risoluzione della discromia da emorragia pulpare è facilmente ottenibile con poche sedute di sbiancamento intracamerale
L’entità del grado di alterazione cromatica è direttamente correlato al tempo: più i derivati dell’emoglobina permangono nel tessuto dentario, e più questi penetrano nei tubuli dentinali.
Maggiore sarà l’infiltrazione e maggiormente evidente sarà la discromia, pertanto, meno tempo trascorre tra l’emorragia ed il trattamento endodontico e/o sbiancante e più velocemente si avrà la
restituito ad integrum cromatica.
La decomposizione del tessuto pulpare, anche non accompagnata da emorragia, può esser causa di discromia dentale in quanto i prodotti della necrosi proteica penetrano nei tubuli dentinali. Come nel caso precedente, anche qui, tanto più è tempestivo l’intervento dopo la necrosi e tanto più
facilmente il dente si sbiancherà.
Anche in elementi dentari già trattati endodonticamente si potrà avere una discromia da necrosi pulpare. Anche una minima porzione di polpa lasciata nel canale o nella camera a livello dei cornetti pulpari, tipico di una cavità d’accesso endodontica non accurata, è sufficiente a causare una pigmentazione di tutto il dente. In questi casi, prima dello sbiancamento, è necessario rimuovere i residui pulpari, causa della discromia.
I medicamenti ed i cementi endodontici (pasta iodoformica, cementi contenenti sali d’argento ecc.) che erroneamente sono presenti nella camera pulpare possono poi condizionare il colore della corona del dente: l’otturazione endodontica dovrebbe infatti terminare all’imbocco del canale radicolare e non estendersi alla camera.
La dentina camerale è molto permeabile ai pigmenti rilasciati dai cementi e dai medicamenti, soprattutto dopo le irrigazioni con l’ipoclorito di sodio usato durante la terapia endodontica.
Questo tipo di discromia insorge molto lentamente perché questi materiali necessitano un lungo contatto con la dentina camerale prima di ingenerare discromie apprezzabili. D’altro canto, le discromie con questa eziologia sono difficili da risolvere con una sola seduta di sbiancamento e
perciò spesso richiedono trattamenti protratti nel tempo.
Anche un inadeguato materiale da otturazione come l’amalgama d’argento, al di sopra dell’otturazione canalare, conferisce alla corona dentaria un colore tendente al grigio. Questa sconveniente proprietà discromica dell’amalgama si nota anche nei denti vitali dove per esempio i
fori ciechi palatini sono stati otturati proprio in amalgama.
Fortunatamente, al giorno d’oggi, è difficile che qualche clinico utilizzi ancora l’amalgama per otturare la cavità palatina di elementi anteriori trattati endodonticamente.
In letteratura, la pigmentazione da amalgama sembrerebbe la più difficile da rimuovere con la tecnica dello sbiancamento, assieme ad alcune discromie da endometasone o similare.
In questi casi è bene avvisare preventivamente il paziente del possibile insuccesso, ed eventualmente preferire allo sbiancamento un trattamento protesico con faccetta o corona.
È altresì vero però che in alcune situazioni può essere sufficiente sostituire il vecchio restauro in amalgama con uno in composito per risolvere la discromia: in questi casi la discromia è dovuta solamente al trasparire dell’amalgama attraverso i tessuti dentari.

 


Materiali

Per lo sbiancamento intracamerale, i prodotti che si utilizzano maggiormente sono il perossido di idrogeno, il perossido di carbamide ed il perborato di sodio.
In passato si è usato molto il perossido di idrogeno specialmente in forma liquida a 130 volumi.
Sebbene alcuni clinici preferiscano ancora le miscele “fai da te”, che tanta fortuna ebbero negli anni ‘80 e ’90 , oggi si trovano in commercio prodotti più sicuri per i pazienti, di provata efficacia, ed indubbia stabilità chimica.

Procedura

Prima di procedere allo sbiancamento vero e proprio si deve pulire accuratamente la superficie esterna del dente da trattare in modo da essere certi che non vi sia una componente estrinseca di discromia.
Lo sbiancamento dei denti devitali mira a risolvere una discromia intrinseca; la presenza di pigmentazioni sulla superficie del dente può alterare la nostra percezione della reale situazione della discromia.
Inoltre, pulendo la superficie si rimuove anche il biofilm salivare che si deposita spontaneamente sui denti, visto che il prodotto sbiancante agisce meglio sopra una superficie esente da placca batterica.
Sempre in fase preliminare, dovrà eseguirsi una radiografia dell’elemento da trattare, in modo da esaminare la qualità della terapia endodontica e l’assenza di patologie periradicolari.
La mancanza di un buon sigillo apicale oppure un riempimento endodontico che non ci soddisfi per estensione apicale, conicità ed omogeneità rappresentano indicazioni al ritrattamento endodontico
prima dello sbiancamento, anche in assenza di lesione.
Una terapia endodontica insoddisfacente infatti, anche in assenza di una lesione periradicolare apprezzabile, in seguito ad uno sbiancamento interno, potrebbe facilmente infiltrarsi e scatenare una qualche patologia.
La presenza di restauri incongrui o di processi cariosi a livello coronale dovrà poi indurre il clinico ad eliminarli e sostituirli con restauri provvisori prima dello sbiancamento.
Dopo il trattamento, quando il colore del dente sarà oramai stabile, saranno rimossi i restauri provvisori e sostituiti con quelli definitivi.


Isolamento del campo operatorio

L’isolamento del campo operatorio è necessario durante le procedure di preparazione dell’elemento dentario allo sbiancamento ed anche in tutte le sedute successive.
Se dovessero residuare dei gap, o comunque dovesse rimanere scoperta una zona del parodonto, si potrà posizionare della diga liquida fotopolimerizzabile.
La corretta applicazione della diga permette di operare comodamente ed in totale sicurezza.


Preparazione della camera pulpare

L’agente sbiancante, per poter agire al meglio, deve entrare agilmente nei tubuli dentinali.
Negli elementi devitalizzati bisogna perciò accedere nuovamente alla camera pulpare e prepararla affinché possa ospitare l’agente sbiancante.
In particolare bisogna essere certi di rimuovere tutto il materiale da otturazione coronale, tutto il materiale da otturazione endodontica eventualmente presente nella camera pulpare ed ogni altro
residuo di materiale come cementi endodontici.
Soprattutto negli incisivi centrali superiori si deve essere certi di aver compreso nell’apertura della camera anche i cornetti pulpari che, se dimenticati, possono essere causa di discromia dentale.
Oltre a ciò bisogna rimuovere anche una piccola quota di dentina camerale in modo da eliminare il fango dentinale e poter lavorare con lo sbiancante su tubuli ben pervi.
Non è necessario rimuovere tutta la dentina pigmentata che si incontra sulle pareti della camera in quanto ciò indebolirebbe troppo il dente: la dentina pigmentata si sbiancherà con il trattamento.
Per aumentare la permeabilità della dentina allo sbiancante, si potrebbe pensare di mordenzare la dentina camerale con acido ortofosforico al 37%: così facendo si rimuove lo smear layer che oblitera i tubuli dentinali.
Tale metodica però aumenta il rischio di andare incontro a riassorbimenti esterni della radice ed inoltre è dimostrato che questo pre-trattamento non migliora la resa estetica dello sbiancamento interno.
Altri studi suggeriscono di lavare la camera con ipoclorito di sodio oppure con alcool in modo da disidratare la dentina e diminuire così la tensione superficiale, sempre allo scopo di permettere una maggior penetrazione nei tubuli dell’agente sbiancante.
Personalmente preferiamo non eseguire né la mordenzatura né il lavaggio camerale, al fine di evitare un’eccessiva diffusione dello sbiancante in prossimità del cemento radicolare e delle strutture parodontali.
Un’operazione invece necessaria consiste nel rimuovere il materiale da otturazione canalare fino a circa 3 mm. sotto il livello gengivale.
Per l’operazione si usano normalmente le frese di Gates, oppure una sorgente di calore endodontica.
Questa fase è molto importante poiché, se non venisse eseguita totalmente o parzialmente, il
colletto del dente non si sbiancherebbe del tutto: questo perché i tubuli dentinali che sfociano nella
zona del colletto, proprio in virtù del loro andamento ad “S”, originano dal canale radicolare ad un
livello più apicale di circa 3 mm.
Il riferimento dei 3 mm. viene misurato mediante una sonda che viene appoggiata esternamente
sulla superficie vestibolare del dente (prima di posizionare la diga di gomma), e la stessa misura
verrà riportata all’interno del canale.
L’ultima operazione necessaria prima dell’applicazione dello sbiancante consiste nel sigillare
coronalmente l’otturazione endodontica, visto che l’ossigeno nascente prodotto durante il
trattamento potrebbe infiltrare l’otturazione canalare e comprometterne la durata.
A tal proposito si applica un sottile strato (circa 1 mm) di cemento vetroionomerico, MTA o cemento
all’ossifosfato al di sopra della guttaperca.

Sequenza riassuntiva della preparazione della camera pulpare:

  • misurazione tramite sonda della distanza tra il margine incisale ed il livello della gengiva a
    3mm. dallo zenith gengivale sulla superficie vestibolare;
  • isolamento del dente con diga di gomma;
  • polishing della corona con paste abrasive e coppette in silicone oppure con spazzolini
    montati su manipolo ad anello blu;
  • accesso alla camera pulpare (rimuovendo la vecchia otturazione) utilizzando frese
    diamantate montate su manipolo ad anello rosso;
  • rimozione di eventuali residui pulpari;
  • rimozione di ogni materiale presente in camera pulpare (guttaperca, cementi endodontici,
    residui necrotici, composito ed altro);
  • rimozione della guttaperca canalare fino a 3 mm. al di sotto del margine gengivale (misurare
    la profondità facendo riferimento alla misurazione rilevata in precedenza);
  • posizionare al di sopra della guttaperca uno strato di cemento vetroionomerico di circa 1
    mm. di spessore.


Tecniche

Si può utilizzare indistintamente la tecnica in-office o la walking bleaching, equiparabili in termini
di efficacia, anche se ovviamente la prima è più rapida della seconda. La tecnica attualmente più
vantaggiosa è la tecnica combinata o ibrida, che unisce l’azione dell’ in-office bleaching
endodontico (detto anche inside-out, perché il materiale si applica dentro e fuori dal dente,
contestualmente), con la walking bleaching. Così facendo si ottiene sicuramente uno sbiancamento
più rapido ed efficace.
In particolare si adotta una normale metodica in-office con perossido di idrogeno ad alta
concentrazione, lasciato in posa per 45’; al termine di questo tempo di applicazione (picco massimo
di azione del perossido di idrogeno), si posiziona un pellet imbevuto di perossido di carbamide,
disponibile in commercio in varie concentrazioni, fino alla seduta successiva. L’operazione può
essere ripetuta a distanza di qualche giorno, a seconda della gravità della discromia.
Così facendo, otterremo la massima azione sbiancante sia durante la seduta ambulatoriale, sia
durante i giorni attesi per espletare l’appuntamento successivo.


Associazione di tecniche adesive

Una volta ottenuto il colore desiderato, si procederà alla sostituzione del restauro preesistente,
qualora necessario: il tempo di attesa dall’ultima applicazione di sbiancamento è, secondo la
letteratura, compreso tra i 15 ed i 21 giorni.

 

 

 


FIG1
FIG1: Discromia evidente a carico di 1.1

FIG2
FIG2: Radiografia pre-operatoria.

FIG3
FIG3: Sonda parodontale millimetrata utile al campionamento della lunghezza di lavoro, prima del
posizionamento della diga, questa misura verrà utilizzata, ad isolamento ultimato, per asportare la
dovuta quantità di guttaperca.

FIG4
FIG4: Rimozione di guttaperca e cemento endodontico fino alla quota pre-misurata.

FIG5
FIG5: Si noti, nel cerchio, la presenza di un cornetto pulpare. La sua presenza, per molti anni dal
trattamento endodontico, unitamente al trauma rilevato con l’anamnesi, giustifica l’insorgenza della
discolorazione.

FIG6
FIG6: Sempre usando una sonda, sia applica una goccia quale rivestimento di CVI, a protezione
della guttaperca, per circa 1 mm di spessore.

FIG7
FIG7: tecnica in-office inside-out con perossido di idrogeno al 40% (Opalescence Boost, Ultradent)
per 45’ di esposizione.

FIG8
FIG8: Prima e dopo a comparazione, dopo due sedute in-office, ripetute a distanza di 7 gg.

FIG9
FIG9: Suggerimenti pratici per la scelta dei compositi.

FIG10-1
FIG10: Prima e dopo a comparazione: le tecniche ricostruttive adesive si sono eseguite a 21 gg.
dalla seconda seduta di sbiancamento (Empress Direct A2D+A2E, Ivoclar).


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Si laurea in Odontoiatria e protesi dentale presso l’Università degli Studi di Firenze nel 2004. Dal 2005 lavora come collaboratore presso lo studio del Dott. Mauro Fradeani a Pesaro ed è socio fondatore del team Fradeani Education. Si è formato con corsi di protesi sia in ambito nazionale che internazionale in protesi fissa, oltre a programmi su implantologia ed odontoiatria estetica. Svolge la sua attività professionale a Pesaro, Firenze e Terni, occupandosi di odontoiatria restaurativa, implantologia ed odontoiatria estetica. Autore di articoli su riviste scientifiche nazionali ed internazionali, è co-autore del testo “Sbiancamento dentale: metodi per il successo” edito da Quintessenza Edizioni nel 2011, tradotto in lingua tedesca e spagnola. Fino ad oggi, ha tenuto più di 300 conferenze in tutto il mondo in tema di protesi fissa e odontoiatria estetica. È socio attivo della IAED (Italian Academy of Esthetic Dentistry).
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