Trattamento estetico della fluorosi dentale: case-report su tecniche minimamente invasive
La Fluorosi
In età pediatrica un’assunzione accidentale ed eccessiva di fluoro può determinare la comparsa di fluorosi dentale.
L’eccessiva introduzione di fluoro in questo periodo può interferire con il normale processo di amelogenesi. Clinicamente la fluorosi si manifesta con variazioni di colore della corona dentale (macchie bianche e/o brune) finanche a forme di ipoplasia1,2. Per far si che si verifichi la fluorosi, gli ioni fluoro devono essere assunti per via sistemica. In Paesi in cui vi è un’alta fluorizzazione dell’acqua (più di 1 parte per milione), la fluorosi può assumere una connotazione endemica3.
Nei bambini al di sotto dei sei anni di età lo scarso controllo della deglutizione può essere correlato all’ingestione accidentale di fluoro4. È bene che un adulto vigili attentamente sulle manovre di spazzolamento del bambino, avendo il controllo della quantità di dentifricio contenente fluoro utilizzata, cercando di evitare il più possibile l’ingestione del dentifricio.
A differenza di altri paesi l’Italia non ha scelto di aggiungere in maniera artificiale il fluoro all’acqua potabile. Le acque italiane sono infatti in genere sufficientemente ricche in fluoro, tanto da non rendere consigliabile un’addizione farmacologia o nelle acque potabili. Si stima che la media nazionale di fluoro nelle acque sia di circa 1 mg/l. Ciò forse spiega la carenza di provvedimenti e normative riguardanti l’addizione artificiale di fluoro nelle acque potabili. Vi sono però differenze locali, talvolta sensibili. Alcuni scostamenti rispetto alla media tendono verso l’eccesso5. Per esempio, nella zona dei Castelli Romani le acque sono particolarmente ricche in fluoro, tanto da determinare casi di fluorosi. Si deve inoltre notare che in Italia vi è un largo consumo di acque minerali imbottigliate. Secondo l’Istituto Nazionale di Statistica (ISTAT) il 46.5 % degli italiani non beve acqua di rubinetto. Il ricorso ad acque minerali imbottigliate è particolarmente comune da parte dei genitori che la usano per i loro bambini. Considerando la buona qualità delle acque erogate dagli acquedotti locali, la pratica è, per la maggior parte del territorio italiano, almeno parzialmente ingiustificata.
Nonostante questo, specie in alcune aree, come detto sopra, il problema della fluorosi può riguardare diversi pazienti, che si rivolgono a noi in cerca di una soluzione che li liberi dalla tanto fastidiosa presenza di “macchie da fluoro” sulla superficie dello smalto, molto spesso causa di imbarazzo e di disagio. In questo articolo sarà possibile prendere in esame il trattamento di un caso di fluorosi in un giovane paziente e valutare che possibilità abbiamo oggi di proporre una soluzione estetica appropriata ma che al tempo stesso risponda ad altrettanto importanti criteri di mininvasività.
Il caso clinico
Nella figura 1 possiamo vedere il caso di fluorosi di un ragazzo di appena 18 anni che soffriva un imbarazzo importante nel mostrare il proprio sorriso. La madre ci riferisce di aver somministrato gocce di fluoro per via sistemica, prescritte dal pediatra, per diversi anni nella prima infanzia. È possibile notare la presenza di parecchie macchie bianche diffuse su tutta la superficie dello smalto e la presenza di qualche area anche marrone. Il paziente ci viene inviato dal suo dentista che chiede la nostra collaborazione per cercare una soluzione che sia al tempo stessa estetica e poco invasiva, per evitare di ricorrere a restauri conservativi o protesici in elementi dentari che risultavano perfettamente sani.
Fig. 1 Situazione iniziale
Prima fase: sbiancamento domiciliare
Proponiamo al paziente di iniziare un trattamento di sbiancamento domiciliare. Spesso, infatti, questa tecnica determina già un netto miglioramento della situazione, dovuta al mimetismo che possono raggiungere le lesioni da fluorosi con uno smalto che diventa progressivamente più bianco. Nella figura 2 è possibile osservare il risultato dello sbiancamento a distanza di 1 mese. Abbiamo utilizzato un gel al perossido di carbamide al 10% (White Dental Beauty) da utilizzare tutte le notti all’interno di apposite mascherine termostampate con serbatoi. Abbiamo osservato i miglioramenti col passare dei giorni decidendo di interrompere il trattamento nel momento in cui avessimo ottenuto un risultato soddisfacente.
Fig. 2A: Situazione dopo 1 mese di sbiancamento domiciliare con perossido di carbamide al 10% (White Dental Beauty)
Fig. 2B: Confronto tra situazione iniziale e dopo 1 mese di sbiancamento domiciliare White Dental Beauty
Il risultato dello sbiancamento ha reso già molto felice il nostro paziente e in molti casi, associato anche ad una opportuna somministrazione di agenti remineralizzanti, per molti pazienti rappresenta l’unico trattamento che si decide di eseguire. In questo caso però il paziente ci aveva chiesto di far sparire completamente le lesioni bianche, non solo di “camuffarle”. Per questo avevamo già deciso fin dall’inizio di associare allo sbiancamento un trattamento di infiltrazione con resina successivo per ottenere un miglioramento più deciso e marcato dell’estetica del sorriso.
Seconda fase: infiltrazione con resina
La tecnica di infiltrazione con resina consiste nell’esecuzione di una mordenzatura superficiale dello strato più esterno dello smalto per permettere ad una resina fluida di permeare all’interno del corpo della lesione infiltrandone l’intero spessore. La resina, possedendo un indice di rifrazione della luce simile a quello dello smalto sano, determina la scomparsa visiva delle lesioni bianche. Mostriamo in questo case report le varie fasi di esecuzione di questa tecnica mediante utilizzo del kit per infiltrazione Icon vestibolare, DMG.
Fig. 3 Isolamento del campo operatorio con diga di gomma
La procedura richiede isolamento del campo operatorio con diga di gomma. È subito evidente, guardando la figura 3, come la disidratazione di superficie indotta dalla presenza della diga di gomma determini l’immediata evidenziazione delle lesioni bianche, che lo sbiancamento domiciliare aveva solo “camuffato”.
Fig. 4 Microabrasione chimica di superficie mediante Hcl al 6%.
Nel caso in cui ci siano irregolarità di superficie è possibile procedere ad un passaggio di microabrasione chimica mediante HCl al 6% in pasta, per rendere la superficie più omogenea e liscia. Questo passaggio determina anche una lieve mordenzatura di superficie ed una prima rimozione delle lesioni più superficiali al di sotto degli 0,2 mm di profondità.
Fig. 5 Applicazione di Icon Etch per 2 minuti
La prima fase del protocollo ICON consiste nell’applicazione sulla superficie dello smalto di ICON ETCH, che consiste in un gel di acido cloridrico (HCl) al 15%. Questa fase di mordenzatura, protratta per 2 minuti, ha lo scopo di creare un accesso diretto agli strati più profondi delle lesioni bianche, per permettere la creazione di una via di ingresso per la successiva applicazione della resina. Al termine dei 2 minuti Icon Etch va rimosso attraverso lavaggio con acqua e successiva asciugatura con aria.
Fig. 6 Applicazione di Icon Dry
Il passaggio successivo del protocollo (Fig.6) consiste nell’applicazione del secondo componente del kit: ICON Dry. Si tratta di una soluzione alcolica che permette la reidratazione della superficie dentale dopo la mordenzatura e consente all’operatore di valutare un’anteprima del risultato finale. L’alcol infatti, penetrando nella lesione, simula l’effetto della resina, dando un’importante indicazione clinica. Se le lesioni bianche in questo passaggio non si percepiscono più, come apprezzabile in figura 6, significa che l’intero corpo della lesione è stato raggiunto dall’alcol, e di conseguenza sarà raggiunto anche dalla successiva infiltrazione con resina. Se invece non si verificasse questo fenomeno durante l’applicazione di Icon Dry, e le lesioni risultassero quindi ancora visibili, il protocollo prevede di ripetere l’applicazione di uno o più passaggi di mordenzatura con Icon Etch, fino a quando non si ottiene una buona attenuazione delle lesioni durante il passaggio di ICON Dry.
In questo caso clinico specifico già dopo l’esecuzione del primo passaggio di Icon Etch, e successiva applicazione di Icon Dry, abbiamo ottenuto un ottimo risultato, tanto da decidere di passare subito allo step successivo di infiltrazione. In casi in cui non si verificasse questo, specie nelle lesioni più profonde, come ad esempio quelle dovute a trauma o a MIH, bisogna prevedere di aggiungere al protocollo un ulteriore passaggio di macroabrasione, che non descriviamo in questo articolo. Nei casi di fluorosi come il presente descritto, essendo le lesioni spesso molto superficiali, si riesce molto spesso ad ottenere un buon risultato effettuando da 1 a 3 applicazioni di Icon Etch, evitando procedure di macroabrasione.
Fig.7 Aspetto della superficie dello smalto prima di infiltrare
La figura 7 mostra l’aspetto della superficie dello smalto dopo aver fatto evaporare Icon Dry e aver asciugato con aria. L’aspetto gessoso delle lesioni è la caratteristica che ricerchiamo prima di procedere con le manovre di infiltrazione. È possibile scorgere la presenza di una lesione cariosa sulla superficie mesiale interprossimale dell’elemeno 2.2. In questo caso le procedure restaurative non sono rientrate in questa fase, ma il clinico ha l’assoluta libertà di poter scegliere se eseguire cure conservative durante le manovre di infiltrazione oppure successivamente, secondo necessità. La tecnica di infiltrazione con resina può essere eseguita anche dall’igienista dentale, non solo dall’odontoiatra, pertanto, può accadere che non possa essere possibile eseguire manovre restaurative contestualmente se non vi è la presenza dell’odontoiatra. Spesso può essere inoltre un vantaggio eseguire la restaurativa in seconda battuta, specie in area estetica, per essere facilitati nella scelta del colore più idoneo per il restauro, potendo avere una visione finale dell’aspetto dello smalto reidratato e privo di lesioni.
Fig.8 Applicazione di Icon Resin
Fig.9 Applicazione di Icon Resin
Le figure 8 e 9 mostrano le fasi di infiltrazione della resina, che viene applicata mediante un apposito carrier presente nel Kit Icon Vestibolare DMG. Si tratta di un inserto dedicato che permette al clinico piccole estrusioni controllate di resina, che deve essere applicata in maniera regolare ed omogenea sulla superficie delle lesioni, con un movimento di “brushing” che favorisce la penetrazione del materiale all’interno del corpo delle lesioni. L’applicazione deve essere eseguita per almeno 3 minuti. È possibile vedere in fotografia come l’infiltrazione determini visivamente la scomparsa delle lesioni. Questo fenomeno è dovuto al fatto che la resina, una volta penetrata all’interno delle aree ipomineralizzate, determina un cambiamento nella rifrazione della luce all’interfaccia tra smalto sano e smalto infiltrato. Le lesioni infiltrate da resina hanno infatti un indice di rifrazione della luce molto simile a quello dello smalto sano e questo determina l’assenza di percezione visiva all’occhio umano delle lesioni bianche.
Fig.10 Rimozione degli eccessi di resina
La figura 10 mostra la fase di rimozione degli eccessi di resina, molto importante da eseguire prima della fase di fotopolimerizzazione, mediante utilizzo di filo interdentale e aspirazione.
Fig. 11 Fotopolimerizzazione
Si consiglia di eseguire fotopolimerizzazione delle superfici per 40 secondi per ogni elemento.
Fig. 12 Fotopolimerizzazione con gel di glicerina
Al termine della procedura si consiglia di eseguire un ciclo di fotopolimerizzazione finale sotto gel di glicerina, per inibire il contatto dell’ossigeno con la resina superficiale e determinare così una completa polimerizzazione del materiale.
Fig. 13. Aspetto delle lesioni prima e dopo l’infiltrazione con resina
La figura 13 mostra il risultato ottenuto al termine delle manovre di infiltrazione con resina nell’arcata superiore.
Per l’arcata inferiore sono stati eseguiti gli stessi identici passaggi. A differenza dell’arcata superiore non è stata applicata la diga di gomma. Al suo posto è stato deciso di utilizzare la diga liquida, scelta effettuata per motivi di compliance del paziente. La procedura con la diga liquida è la stessa, ma a nostro avviso la diga di gomma è da ritenersi sempre la scelta migliore per ottenere condizioni di isolamento e sicurezza migliori.
Riportiamo di seguito le immagini delle fasi del protocollo Icon svolte nell’arcata inferiore con i medesimi tempi e passaggi utilizzati per l’arcata superiore.
Fig. 14 Microabrasione chimica di superficie mediante Hcl al 6%.
Fig. 15 Applicazione di Icon Etch per 2 minuti.
Fig. 16 Applicazione di Icon Dry e anteprima del risultato finale
Fig.17 Applicazione di Icon Resin
Fig. 18 Fotopolimerizzazione, 40 secondi per ogni elemento.
Fig. 19 Risultato finale
Fig. 20 Confronto tra situazione iniziale e situazione finale
Le figure 19 e 20 mostrano il risultato finale ottenuto al termine dell’applicazione del protocollo Icon descritto in questo case report.
Conclusioni
L’esecuzione di trattamenti minimamente invasivi rappresenta il gold standard della moderna odontoiatria in tutte le branche. In questo case report abbiamo mostrato come poter risolvere una situazione di profondo disagio estetico dovuto alla fluorosi dentale in un giovane paziente mediante l’esecuzione di un protocollo semplice e ripetibile. Lo sbiancamento domiciliare con White Dental Beauty si dimostra un eccellente alleato nei trattamenti delle lesioni da fluorosi, in grado di migliorare di molto la situazione di partenza, rappresentando spesso l’unico trattamento veramente indicato per ottenere rapidamente risultati apprezzabili e molto soddisfacenti per il paziente. Per ottenere la completa scomparsa delle lesioni è necessario combinare lo sbiancamento con una procedura altrettanto predicibile e assolutamente non invasiva come l’infiltrazione con resina, mediante protocollo Icon (DMG), come abbiamo illustrato in questo caso.
Per mantenere un corretto apporto di minerali allo smalto e favorire i fenomeni di remineralizzazione dopo l’infiltrazione è possibile prescrivere somministrazioni periodiche di composti al calcio fosfato (CPP-ACP) e, naturalmente, seguire i pazienti con sedute di controllo e richiami di igiene dentale almeno ogni 6 mesi o secondo necessità.
Bibliografia
- Hujoel PP, Zina LG, Moimaz SA, Cunha-Cruz J. Infant formula and enamel fluorosis: a systematic review. J Am Dent Assoc 2009;140:841-54
- Ismail AI, Hasson H. Fluoride supplements, dental caries and fluorosis: a systematic review. J Am Dent Assoc 2008;139:1457-68
- Joseph A. Regezi, James J. Sciubba, Richard CK Jordan : Patologia orale, correlazioni clinico patologiche. Quarta edizione (edizione italiana a cura di Antonio Carrassi) ed. Antonio Delfino.
- Wong M, Glenny Am et al. Topical fluoride as a cause of dental fluorosis in children. Cochrane Database Syst Rev 2010 Jan 20;2010(1):CD007693.
- Lucentini L, Achene L, Fuscoletti F, Di Gregorio N, Pettine P. Linee guida per la valutazione e gestione del rischio nella filiera delle acque destinate al consumo umano secondo il modello dei Water Safety Plan. 2013. Istituto Superiore di Sanità.
- Eziologia e diagnosi della patologia cariosa - Strumenti diagnostici complementari: transilluminazione e fluorescenza - 26 ottobre 2023 10.18.02 CEST
- Trattamento estetico della fluorosi dentale: case-report su tecniche minimamente invasive - 27 ottobre 2022 14.59.34 CEST